Il dovere di uccidere by Vittorio Strada

Il dovere di uccidere by Vittorio Strada

autore:Vittorio Strada [Strada, Vittorio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Marsilio
pubblicato: 2018-12-14T23:00:00+00:00


LA CAPITALE DEL MONDO

Come I demoni di Dostoevskij sono l’opera non solo letteraria che più a fondo penetra nelle latebre del nichilismo terroristico russo ottocentesco, cogliendone i potenziali sviluppi futuri, così il romanzo di Andrej Belyj Pietroburgo (Peterburg) meglio di ogni altra opera rende l’atmosfera del terrorismo nichilistico russo nella sua fase novecentesca, alla vigilia della catastrofe rivoluzionaria. Non si tratta di opere «illustrative», che possano essere lette in un angusto senso documentario: entrambe riflettono la potente visione metafisica dei loro autori con tutte le profonde loro differenze artistiche che rendono il romanzo di Dostoevskij insuperabile per forza poetica e profetica, pur restando il romanzo di Belyj uno dei maggiori del Novecento russo ed europeo. A distinguere le sue opere è, inoltre, il fatto che se Nietzsche era stato un lettore di Dostoevskij e anche dai Demoni aveva tratto forti stimoli per la sua riflessione sulla crisi della civiltà europea, Belyj fu un lettore di Nietzsche e nelle sue opere trovò alimento per la sua formazione spirituale. Si aggiunga che Dostoevskij era uno dei momenti centrali di quella letteratura russa «classica» che, iniziata con Puškin, per Belyj costituiva una tradizione ormai compiuta, alla quale egli si riferiva come a una fonte essenziale di ispirazione, in una temperie culturale nuova, quella novecentesca (nel caso suo, simbolista), così come nuova era la situazione storica in cui egli si trovava. Pietroburgo conclude un ciclo storico e letterario, quello che si suole chiamare «pietroburghese», aperto da Puškin, in particolare col suo Cavaliere di bronzo (Mednyj vsadnik), proseguito da Gogol’ soprattutto con racconti come La prospettiva Nevskij (Nevskij prospekt) e Le memorie di un pazzo (Zapiski sumasšedšego) e culminato nei romanzi di Dostoevskij, in Delitto e castigo (Prestuplenie i nakazanie), ma anche in opere non ambientate nella capitale russa come I demoni52. Belyj, anche con l’apporto di Nietzsche, in Pietroburgo riflette sulla realtà storica dell’inizio del secolo, e su quel suo fenomeno centrale che è il terrorismo, ripensando l’intera letteratura «pietroburghese» di Puškin, Gogol’ e Dostoevskij: tutti sono presenti nel romanzo in modo esplicito (per quel che riguarda Puškin e il suo Cavaliere di bronzo) o come indiretti riferimenti di una visione della Russia in quanto parte paradossale dell’Europa, nella cui civiltà l’impero degli zar è entrato tardi, con Pietro il Grande, e ora, tra Otto e Novecento, partecipa a quella crisi dell’Occidente, di cui Nietzsche è stato uno dei sismografi e degli analitici più sensibili e sottili.

La storia narrativa in Pietroburgo è assai semplice. Un alto dignitario dell’impero, Apollon Apollonovič Ableuchov, diventa bersaglio di un attentato: in una scatola di sardine, collocata nel suo palazzo, c’è una potente bomba a orologeria. A farsi strumento dell’attentato è il figlio del senatore, Nikolaj, studioso di filosofia e in particolare di Kant, strumento in parte inconsapevole poiché dapprima non è al corrente della trama omicida, ma nel profondo corresponsabile perché collabora con l’organizzazione rivoluzionaria che vuole eliminare l’inviso senatore e perché è legato al padre da un edipico rapporto di amore-odio che lo rende inconsciamente un potenziale



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